Finalmente dall’oltretomba il tanto sospirato live ufficiale dopo un’attesa spasmodica
da parte di noi fans, tanto accaniti da sfiorare il feticismo per quanto riguarda la
“galassia Goblin-Daemonia-Simonetti- Argento”.
Nell’accingermi a quello che dovrà essere un lungo commento al cd in questione, non essendo
io alieno dalla tendenza ad annegare in disquisizioni dettagliate i propositi di ricerca
concreta e minuziosa, vorrei ringraziare pubblicamente l’amico (mi permetto di osare)
Claudio Simonetti per avermi omaggiato del cd, autografato da lui e dagli altri eminenti
componenti del gruppo e naturalmente i Daemonia “in toto”. Il cd, diffuso in tutto il mondo
dalla casa discografica AUDIOGLOBE di Firenze, inaugura la personale etichetta del maestro
Claudio: la DEEP RED. Magniloquenti, eccessivi, sontuosi, immaginifici: quanti aggettivi possono
essere usati per definire i Daemonia? Io li descriverei come “la versione più heavy dei Goblin”.
Occorre sottolineare che con soli due album all’attivo i Daemonia sono già un luogo mitico della
musica rock di questo nuovo millennio. La loro maniera di utilizzare le risorse delle tastiere,
la peculiare forma stilistica inconfondibile ed innovativa, i sontuosi arrangiamenti con cui
rielaborano brani straconosciuti dei Goblin, di Emerson e di Morricone, la metronomica base
ritmica anni ‘00, hanno fatto della loro esperienza musicale un unicum davvero sorprendente.
Nel mercato discografico, in cui si moltiplicano esponenzialmente le uscite di badilate di albums
di alcun valore, ma che fanno cassetta, diventa sempre più difficile restare a galla nel mare
magnum dell’iperproduzione. I Daemonia rientrano in quei pochi gruppi che sono riusciti nell’ardua
impresa di dire qualcosa di accettabilmente nuovo ed intelligente in un ambito a forte rischio di
gratuità e banalità. Il merito va in prima battuta soprattutto alla passione e alla freschezza
dell’instancabile pluritastierista dalla tecnica cristallina, di nome Claudio Simonetti, che ha
ancora tanto entusiasmo sia nelle esibizioni dal vivo, sia nella voglia di “giocare” con il
“prog rock”, e in secondo luogo ai Daemonia tutti.
In questo disco fresco di stampa, servito in un’elegante confezione con un’ottima grafica,
suggestiva e spettrale, corredato da un booklet ricco di dettagli e di foto, registrato con la
Movie Strings Orchestra, formata da oltre trenta elementi, e con le partecipazioni dei soprani
lirici Elena Berera e Vesna Duganova, non vi sono brani di nuovo conio (ossia non vi sono brani
interamente scritti dal gruppo, per intenderci). I “nostri” eseguono praticamente tutto il
materiale già inciso l'anno scorso in Dario Argento Tribute, ma rimettono le mani e metabolizzano
tre famosissimi pezzi che nel cd hanno la veste di “extra studio bonus tracks”, che sono Halloween,
Tubular Bells, e Gamma. L’organico sfoggia Claudio Simonetti (ex Goblin), tastiere, che dal vivo
suona un piano KAWAI ES-1, un Master Keyboard ROLAND A30 che usa abbinato all'expander M3 KORG,
un XP-50 ROLAND (tastiera del SUPER JV-1080) e poi, qualche volta, quando non si scassa, un Minimoog;
Bruno Previtali (ex Scossa Tellurica), chitarra: ha una FENDER STRATOCASTER '79 e una PAUL REED SMITH,
un amplificatore MARSHALL JCM 800 valvolare, pedali BOSS (quasi tutti) e un ampli combo MESA BOOGIE;
Federico Amorosi (ex Glory Hunter), basso, che preferisce le cose semplici, ma efficaci: il suo basso
è un TOBIAS, cinque corde, in acero leggero (TOBIAS è una marca di semiliuteria americana che adesso
si chiama MTD (Michael Tobias) che produce bassi ottimi a parte il prezzo), ogni tanto usa un basso
MUSICMAN di Claudio dei primi anni ‘80 dal suono eccezionale, mentre come amplificazione ha un testata
WORLD TOUR HIGHWAY MAN 500 e cassa EDEN 700 sempre americani (sono i migliori), inoltre dal vivo usa
tre pedali BOSS: un accordatore, un chorus ed un limiter enhancer; Giovanni Battista “Titta” Tani
(ex cantante degli Abstracta, Glory Hunter e DGM), batteria. Quest’ultimo da un anno a questa parte ha
una batteria modello TAMA STARCLASSIC, color verde smeraldo, in betulla, composta da sette pezzi:
rullante, due tom, due timpani, due casse (all’epoca del live era composta di una sola cassa, ma
Titta faceva uso di un doppio pedale, meno ingombrante, anche se tecnicamente la resa è diversa).
Piatti: un crash UFIP, un crash ANATOLIAN (turco), uno splash SABIAN, un ride, un china piccolo ed un
charleston tutti della PAISTE, un crash ZILDJIAN sotto ad un crash UFIP divenuto uno splash (montati
insieme come i piatti del drummer di prima classe dei Missing Persons, Frank Zappa, ecc. Terry Bozzio).
La loro notevole tecnica strumentale produce atmosfere estatiche ed il gruppo esalta la propria capacità
di rielaborare brani altrui, rivelando l’ampissimo spettro d’azione: si oscilla dai Goblin, a Keith Emerson
e a Morricone con notevole disinvoltura; inoltre dimostra il proprio talento nella capacità di intarsiare
le atmosfere tombali (L’alba dei Morti viventi), sperimentali (Suspiria), o solo orchestrali (Sospiri e
sospiri), con la “botta” del rock duro. L’”opener” Halloween è rock tellurico allo stato puro, travolgente,
vigorosissimo, propulso da un’energia incontenibile. Le tastiere di Claudio sono impetuose, furiose,
distillano atmosfere drammatiche, traboccanti di eventi sonori, formicolanti di incubi; la chitarra
ultra-heavy di Previtali è pungente, ruvida, tagliente, incisiva e si amalgama alla perfezione con la
possente base ritmica del duo Tani/Amorosi. Se John Carpenter ascoltasse questo pezzo, oltre a raggiungere
livelli spasmodici di tensione, non potrebbe fare a meno di mimare chitarre, tastiere, batterie. Segue la
cover del brano che cambiò per sempre la storia del rock strumentale e propinata anche come colonna sonora:
Tubular Bells di Mike Oldfield. La nuova versione, anche se rockeggiante, è sempre di facile digestione,
gradevole e suadente. Il pezzo si apre con un synth che ripete in crescendo frenetico e in un timbro
squillante il tema principale. Quando il contrappunto di pianoforte, elettronica e strings si fa sempre
più vivace e più complesso entra la chitarra elettrica di Previtali che si lancia in un assolo arroventato.
L’alba dei morti viventi, propulso da una base ritmica funerea e dal riff di synth abissale, esprime tutto
il potere evocativo di cui è capace. Demon è in formato più pomposo e grintoso rispetto sia alla versione
originale sia a quella gustata in Simonetti Horror Project. Gli effetti demoniaci sono stati prodotti da un
EMULATOR II, una tastiera digitale a campionamenti che, all’epoca dell’uscita del film Demoni nelle sale
cinematografiche, costava circa 20.000.000 di lire!!!!! Dopo Inferno, che ricalca pedissequamente l’originale
di Keith Emerson, ecco Mater Tenebrarum, sorretto da tastiere dettagliatamente “emersoniane”, ma arrangiato
in maniera più heavy volutamente da Claudio, in cui Titta Tani percuote la batteria con insolita ferocia e
precisione: la sezione ritmica è tonante, rullante e basso sono “dente e gengiva”, insomma una terrificante
tempesta ritmica. Grazie alla tecnologia contemporanea (con il registratore digitale ProTools) Simonetti ha
potuto ricampionare i cori originali di Mater Tenebrarum, gentilmente concessi da Keith Emerson, e quindi
aggiustarli adattandoli alla versione dei Daemonia. Detti cori sono stati ricampionati dal vecchio 24 piste
del film Inferno che si trovava in uno stato pietoso (ancora un pò e ci crescevano i funghi) e il lavoro di
restauro che il maestro ha dovuto fare non è stato per niente facile. Il nastro era mezzo incollato e stentava
a girare, l'ha dovuto ripulire e campionarlo poco per volta perchè "smiagolava" in maniera terrificante. Poi lo
ha riequalizzato, ridato un pò di vita e soprattutto "aggiustato" a tempo. La splendida voce del soprano Elena
Berera comanda dall’alto l’inno Opera, da cui si ricavano atmosfere cristalline e celestiali. L’intro del brano
più sperimentale dei Goblin, Suspiria, è pittato da una magnifica affrescatura pianistica di Simonetti, e da un
delirio percussivo di piatti, a debita distanza dal piano, di Titta Tani. Suspiria, anche se pur sempre “maligno”,
è più rockeggiante e scevro dallo stuolo di synth e di effettismi malefici presenti nella versione originale.
Il suono del buzuki altro non è che quello del buzuki vero (quello greco) che Morante aveva nella sua collezione
di strumenti come è vero quello del tabla indiano che era di Pignatelli, campionati da Claudio.
Il brano sinfonico School at Night è il preludio di Mad Puppet, quest’ultimo volutamente “oldfieldiano” da Dario
Argento in cui Fede(rico) si dimostra musicista preciso e virtuoso con un basso dal suono sottile e vivo, elevando
lo strumento a qualcosa di molto più di un semplice supporto ritmico. Elena Berera canta e incanta anche in Phenomena
(il pezzo originale era arricchito invece dalla voce del soprano italo-americano Pina Magri) e in Tenebre, sinonimo
di rock sanguigno e maschio. La vocina della bambina in La Sindrome Di Stendhal, a mio avviso uno dei migliori brani
di Ennio Morricone, è quella originale usata per il film, e non si sa di chi sia. Il pezzo è propulso da un castello
ritmico perfetto e cadenzato. Tutto sembra girare alla perfezione, nel vortice del magma di suoni ed atmosfere catacombali
e di una scaletta di classici vecchi e nuovi che sono in dialogo continuo con il suono attuale. Dopo la più
bella versione di ogni tempo, preceduta da un chilometrico intro, caratterizzato dal pianismo funambolico di
Simonetti, l’esaltante Profondo Rosso, il concerto approda nel finale a Sospiri e Sospiri di Ennio Morricone,
brano condito da spruzzi di elettronica e affreschi sinfonici, che non sarà più eseguito nei futuri concerti.
Il cd si chiude con Gamma, vecchissimo pezzo del grande padre di Claudio, Enrico Simonetti, che ha avuto un
grande successo: è il brano che ha per tema il pilota di auto che, subendo un grave danno alla testa, si sottoponeva
al trapianto di cervello, nell’occasione speziato dai cori del soprano Vesna Duganova.
Dopo aver ascoltato questo cd/concerto tra scintillanti accordi, non si può che provare una sperticata ammirazione
per l’estro dei Daemonia, che fanno nuovamente centro con un album completo, che sprigiona ispirazione, talento
e, soprattutto, tecnica: già, la tecnica, presupposto indispensabile per praticare uno stile la cui fisicità
non può far passare in secondo piano una cerebralità che rimanda dritta al rock progressive.
Non sono mancati gli aneddoti a fare da contorno al concerto. I Daemonia hanno suonato su di un palco enorme,
esagerato, in una villa comunale. Senza dubbio un bel posto, suggestivo, ma il palco era stato montato dietro
ad una fontana mastodontica che “impallava” un pò tutti, e quando i musicisti sono arrivati non hanno potuto
fare a meno di smascellarsi. Ad un certo punto, durante la performance di Phenomena è sbucata una ballerina
che si voleva mettere a ballare sul palco.
Questo live è la dimostrazione di come ci si possa confrontare con il clima musicale, gli arrangiamenti e suoni
moderni senza rimanerne schiacciati e soprattutto senza dimenticare il passato. Un disco destinato senz’altro a
conoscere gli onori delle classifiche. Se esistono gruppi leggendari, i Daemonia sono fra questi.
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